Per valorizzare lo studio degli autori della letteratura italiana, fin dal 2000, a Firenze vengono organizzati i Colloqui Fiorentini.
Tale evento consiste nella proposta di un autore, sul quale gli studenti partecipanti devono elaborare in gruppi, supervisionati da un insegnante, delle riflessioni a partire dalle sue opere e redigere un elaborato, che racchiuda il pensiero dell’autore riflesso sulle esperienze personali degli alunni.
Queste produzioni scritte vengono poi inviate alla Diesse di Firenze per essere valutate e nel periodo primaverile viene organizzato un convegno tenuto da esperti, al quale prendono parte ogni anno moltissimo studenti delle scuole italiane, convegno che si conclude con una premiazione finale delle migliori tesine.
Purtroppo a causa dell’emergenza Covid-19 quest’ anno i Colloqui sono stati posticipati e tenuti per via telematica. Comunque l’esperienza che abbiamo vissuto è stata ugualmente significativa e ricca di opportunità.
L’autore scelto per quest’anno è stato Cesare Pavese e l’edizione 2020 è stata intitolata: ‘E sarà mattino e ricomincerà l'inaudita scoperta, l'apertura alle cose’.
Per mesi noi studenti, guidati dalle docenti Adriana Valenza e Monica Alaimo, abbiamo letto e analizzato le pagine di un poeta che si lasciò andare alla malinconia, pagine con un linguaggio apparentemente arido e dal significato oscuro , ma che, studiate con cura e attenzione, si sono rivelate pregne di spunti.
Nel corso del convegno abbiamo trovato gratificante come le nostre riflessioni rispecchiassero quelle dei relatori e come si sia rivelata veritiera la nostra lettura ‘tra le righe’; ma ovviamente lo studio degli esperti è di certo più approfondito, così ci siamo lasciati trasportare dalle loro parole, abbiamo fatto nostri i loro pensieri, ri-scoperto un nuovo Pavese e compreso il significato di quell’inaudita scoperta: ritornare bambini.
Tuttavia vivere con quel velo illusorio della fanciullezza, di cui lo scrittore aveva i più bei ricordi, rende estranea la realtà e porta ad una ricerca costante della perfezione, che però sarebbe, come ha detto Valerio Capasa ,commentando Dialoghi con Leucò, chiedere troppo. Da ciò nasce la domanda che si era posto lo stesso Pavese, che ci ha riportato, a conclusione del convegno, il moderatore Pietro Baroni: vale la pena vivere, se non posso arrivare alla perfezione?
A questa domanda, soprattutto in tempi come questi in cui siamo schiavi di una realtà minacciosa che fino a pochi mesi fa non ci apparteneva, noi studenti rispondiamo: sì.
Pavese cercava la perfezione, che non esiste e forse proprio per questo la ricerca di tutta la sua vita, per quanto gli abbia dato uno scopo, risultò essere vana.
È inutile quindi cercarla, poiché la vita stessa è imperfetta; a volte ci sorride, ma a volte è ingiusta nonostante le fatiche e le avversità che viviamo.
Ma forse proprie queste fatiche e avversità ci danno la spinta per andare avanti, se siamo capaci di apprendere gli insegnamenti e farli nostri, come nel caso di questa splendida esperienza.
Maria Teresa Barone III B