Il silenzio fiducioso della Piazza di San Pietro
Rimarrà sicuramente nella storia la preghiera rivolta, per intercessione della Madonna, a Dio da parte di Papa Francesco, un’invocazione densa di significati e gravata del peso delle sofferenze, delle morti, della tempesta impetuosa scatenatasi in Italia e nel mondo.
Suggestivo è stato il contesto in cui tutto ciò è avvenuto: quella piazza San Pietro avvezza alle folle, alle grida, al trambusto gongolante era tacita, buia, vuota ed in grado di riflettere, drammaticamente, il dolore e lo sforzo di una comunità ormai lontana dall’anonima e gelida routine a cui tanto era rimasta “appiccicata”.
Il cielo singhiozzante accompagnava il lento cammino e le prime ansanti parole del Pontefice, per la prima volta senza un punto di riferimento certo, senza una folla cui rivolgersi, senza il calore spirituale dei fedeli, sostituiti solo dalle 162 statue che coronano il colonnato del Bernini e che costituiscono la prima accoglienza al pellegrino desideroso di giungere presso la tomba di San Pietro per contemplare la sua fede rocciosa.
A fare da monito incoraggiante è stata la lettura di un passo del Vangelo secondo Marco, in cui protagonista è la richiesta assordante di un aiuto, di un sostegno: così come i discepoli invocavano il Maestro al fine di smorzare la tempesta, il mondo, dilaniato violentemente dalla pandemia e -ancor prima- <<dall’affanno di onnipotenza>>, riconosce i propri limiti e desidera veementemente di uscire dal rumore fastidioso di un silenzio prorompente.
Oggi più che mai la Piazza San Pietro avvolge i suoi fedeli, assurgendo a al prestigioso ruolo affidatogli dal suo architetto, ossia quello <<[…] di ricever a braccia aperte maternamente i Cattolici per confermarli nella credenza, gl’Heretici per riunirli alla Chiesa, e gl’Infedeli per illuminarli alla vera fede>>. È un abbraccio sentimentale, incorporeo, intimo e che, essendo aperto, non rappresenta un confine tra ciò che è sacro e ciò che è laico, ma permette a tutti coloro che ne hanno il desiderio, Cristiani e non, di accedervi e <<remare>> verso un approdo comune.
A dire del Santo Padre, questo periodo ci dona <<il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è,[…] di risvegliare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare>>. È opportuno trasformare questo momento di dolore e tristezza in un punto di svolta e di <<[…] batterci con tutte le nostre forze per la solidarietà e la ricostruzione nazionale>>, come aveva affermato Alcide De Gasperi nel periodo successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Tutto ciò è possibile, lo è poter ricomporre uno spirito di comunità, coesione, solidarietà nazionale; tutto questo è realizzabile perché prima di essere Italiani ed Europei siamo Umani e in quanto tali siamo sottoposti a forti attrazioni interpersonali che, a livello nazionale e spirituale, divengono rispettivamente amore per il proprio Paese e identificazione con una parte profonda di noi che, prima dell’epidemia, era nascosta, offuscata dal carattere routinario di tutti i giorni, che ci distoglie da ciò che in realtà è molto prezioso, come la “semplice” libertà di poter uscire di casa e fare una passeggiata. E proprio lo stare a casa può permetterci di allontanare l’attenzione dall’esteriorità per portarla all’interiorità, per riflettere su noi stessi e approfondire o scoprire passioni che prima erano soppresse dal peso dei giorni tutti uguali.
Commovente è stato anche il bacio di Papa Francesco al Crocifisso miracoloso di San Marcello, avvenuto sotto gli occhi delle tredici statue sovrastanti la maestosa facciata del Maderno e dell’unico spettatore presente al centro della Piazza, ovvero l’Obelisco Vaticano, testimone muto di quasi duemila anni di storia e capace di “assorbire” quel silenzio che, come aveva affermato Madre Teresa di Calcutta, <<ci dona una nuova visione di ogni cosa>>.
Simone Spanò( classe 4E)